Bruno Pesce - Eternit, la nostra lotta per la giustizia e la bonifica

alternative per il socialismo n. 21 - maggio - giugno 2012

 

Il 13 febbraio scorso, presso il Palazzo di Giustizia di Torino, dal presidente Casalbore è stata pronunciata la sentenza del maxi processo al vertice della multinazionale Eternit, colpevole di disastro ambientale doloso permanente e violazione dolosa delle norme di sicurezza in fabbrica: 16 anni di reclusione al Barone Louis de Cartier de Marchienne e al magnate svizzero Stephan Schmidheiny.

 

I tanti Davide, uniti, possono sconfiggere i Golia

Il processo penale ha avuto inizio, il 10 dicembre 2009, presso il tribunale di Torino, con quattro stabilimenti indagati: Casale Monferrato (il maggiore), Cavagnolo, Rubiera e Napoli. Per noi vittime dell’amianto è un evento atteso da oltre trent’anni: anni di lotta intensa, nei quali abbiamo portato a casa una sentenza penale di condanna dei manager locali (1993) e la legge nazionale di messa al bando dell’amianto (1992) e un piano di bonifica territoriale. Il Sindacato e poi l’Associazione Famigliari delle Vittime di Casale Monferrato, AfeVA, hanno sempre perseguito con caparbietà e senza compromessi tre scopi prioritari: giustizia, bonifica, cura e ricerca sanitaria.

Il processo è stato unico per le sue monumentali dimensioni: 220mila le pagine di questa maxi inchiesta diretta con eccezionale esperienza dal pubblico ministero Raffaele Guariniello, quasi 3mila sono le vittime individuate come parti lese (circa 2/3 delle quali già decedute), il 75% delle quali di Casale Monferrato di cui 300 sono cittadini (oggi 600) deceduti per mesotelioma e oltre mille lavoratori deceduti per asbestosi, carcinoma polmonare e mesotelioma. A queste cifre impressionanti vanno poi aggiunte quelle riscontrate dal 2008 a oggi, che daranno presto luogo a un secondo processo Eternit per omicidio volontario.

I mesotelioma in Italia sono oramai più di mille l’anno. Nella cittadina di Casale Monferrato, 36mila abitanti, le diagnosi hanno superato attualmente i 50 casi annui, l’80% dei quali riguardano la popolazione in generale. Speriamo di superare al più presto il “Picco” mortale.

Alle spalle di quello che è il più grande processo sulle “morti bianche” d’Europa, e non solo, c’è una lunga lotta “senza quartiere” contro l’amianto. Una lotta che si è sviluppata su due fronti.

Da un lato, l’azione di tutela individuale dei lavoratori da parte del Sindacato (in particolare dalla Camera del Lavoro di Casale e del suo servizio specifico di assistenza tecnica e legale patronato Inca-Cgil). Si è trattato di un contenzioso medico-legale molto esteso e complesso: mentre la prima asbestosi fu riconosciuta a Casale già nel 1943, il mesotelioma in quanto tale, cioè non “accompagnato” da asbestosi, fu riconosciuto dall’Inail solo nel 1987, dopo una sentenza positiva.

Dall’altro si è lavorato su un’azione collettiva per la salute in fabbrica e fuori dalla stessa. Prima se n’è interessato il sindacato, poi anche gli attivisti ambientali e le vittime dell’amianto con l’AFeVa, finalmente dalla metà degli anni ’80 anche le Istituzioni locali.

Ecco in sintesi come si è sviluppata la lotta contro l’amianto a Casale Monferrato, una battaglia di civiltà che ha poi contribuito all’istituzione del grande processo Eternit:

 

Prima fase: gli anni ’60

Negli anni Sessanta, il lavoro pesante, la polvere e il rumore, facevano parte degli “argomenti” utilizzati in generale per ottenere miglioramenti salariali, di cui la famosa “monetizzazione” era una scelta normale, quasi obbligata. Infatti, all’epoca, era addirittura impensabile mettere sotto accusa l’utilizzo di una materia prima, come era nella fattispecie l’amianto. La cultura dominante, infatti, considerava “normale” che l’operaio potesse ammalarsi e morire: in fin dei conti “era un operaio” e gli organi di controllo dell’epoca erano condizionati dalla “legge del più forte”.

 

Seconda fase: gli anni ’70

Dal famoso ’68 non scaturirono solo le lotte studentesche! Come dovrebbe essere noto, milioni di lavoratori, con lo sviluppo dell’unità sindacale e la grande conquista dello Statuto dei diritti dei lavoratori del 1970, diedero luogo in tutta Italia a una serie di lotte per migliorare l’ambiente di lavoro e per la difesa della salute in fabbrica.

A Casale queste lotte si saldarono con l’impegno fondamentale di medici per la prevenzione e l’accertamento dei casi. Negli anni Settanta tutte le piattaforme rivendicative del sindacato, a partire dal livello aziendale, contenevano richieste specifiche proprio sull’ambiente e la salute in fabbrica e anche alla Eternit si ottennero miglioramenti (non risolutivi) negli ambienti di lavoro con dure lotte.

 

Terza fase: gli anni ’80 e ’90

Inizia la lotta contro l’amianto e contro il suo utilizzo. Qui anche grazie al ruolo assunto di tutela dei diritti, il sindacato aveva acquisito già dalla fine degli anni ’70 una certa credibilità e “autorevolezza” fra i lavoratori, ma solo molto più tardi nell’opinione pubblica. Infatti, il passaggio della lotta sindacale alla vera messa in discussione del rischio amianto fu difficile e contrastato. Ma qui, diversamente che altrove, non si è assistito al classico scontro frontale fra occupazionalisti e ambientalisti, fra i lavoratori e un sindacato che oramai agiva sempre più di concerto con le associazioni ambientaliste negli obiettivi di superamento dell’utilizzo dell’amianto. Certo, i lavoratori erano molto preoccupati delle prospettive del proprio posto di lavoro ed è quindi sempre utile ricordare agli attivisti che la busta paga non è un optional, ma una necessità.

Questa terza fase si può così schematicamente sintetizzare:

 

1979

Il sindacato si riorganizza nel comprensorio casalese (con il sottoscritto e per fortuna con un gruppo di giovani molto motivati provenienti dai luoghi di lavoro). Grazie all’impulso dato dal nostro Inca-Cgil, (Nicola Pondrano, la dott.sa Daniela Degiovanni, Doris Vizia, ecc.) per il riconoscimento Inail delle patologie amianto-correlate e delle varie prestazioni conseguenti, si sviluppa un forte contenzioso medico legale. Le cause sono centinaia e il loro esito è in larga maggioranza positivo.

 

1981-1984

In conseguenza all’accoglimento da parte dell’Inail della richiesta dell’Eternit di esonero dal pagamento del premio assicurativo per il rischio asbestosi/silicosi (conseguente al cosiddetto “uso dell’amianto in sicurezza”), decidiamo di dare inizio a una causa civile molto importante, con la quale si è confermata poi la sussistenza del rischio amianto in tutti i reparti dell’Eternit, con alcuni riferimenti molto preoccupanti rivolti all’inquinamento cittadino. La sentenza 1984 passa in giudicato nel 1989, confermando la presenza del rischio, smentendo la teoria dell’“uso controllato” dell’amianto. Vedi oggi in Brasile, ecc.

 

1984

Organizziamo il primo convegno Inca - Camera del Lavoro sulle patologie amianto-correlate.

 

1986

E’ l’anno del fallimento dell’Eternit. Dopo ottanta anni di attività e arrivando a sfiorare i 2mila dipendenti, l’Eternit decide di gettare via il limone oramai spremuto, lasciando 350 disoccupati e rinnegando la promessa di un nuovo stabilimento e di una possibile riconversione produttiva asbestos free. Si fa presto avanti la Safe (Eternit France) per riaprire lo stabilimento con l’utilizzo ancora dell’amianto, ma il nostro sindacato per primo, con gli ambientalisti, si oppone e dice No, seguito da 110 medici di Casale. La Camera del lavoro (poi anche con gli altri sindacati Cisl e Uil) intensifica sistematicamente la lotta in città e sul territorio e sollecita indagini epidemiologiche.

 

1987

Le prime indagini epidemiologiche, più volte sollecitate, condotte dall’Università di Torino con l’Asl di Casale, delineano il quadro di una strage: 200 decessi da amianto fra i lavoratori. Hanno inizio le indagini sui famigliari e i cittadini. Il sindaco di Casale Monferrato, Riccardo Coppo, emana la storica ordinanza che vieta l’utilizzo dell’amianto nel proprio territorio: è il colpo di grazia al tentativo di “riconciliarci con l’amianto”.

 

1988

Costituzione dell’Associazione Famigliari Vittime dell’Amianto (AFeVa), la cui presidenza è affidata a Romana Blasotti Pavesi, appassionata vedova e madre di vittime dell’amianto. Segue anche la costituzione del Comitato vertenza amianto che riunisce nel fronte anti-amianto le principali associazioni locali ambientaliste – Legambiente e Wwf - e di assistenza sanitaria, Vitas.

 

1989

Secondo convegno: No all’amianto organizzato da Cgil e Inca territoriali e regionali a Casale Monferrato.

Si lancia la proposta di una legge per la messa al bando dell’amianto e per la costituzione di un fondo nazionale per le vittime sia professionali che civili dell’amianto. La Cgil nazionale, presente con Fausto Vigevani, fa propria la proposta e così pure i sindacati nazionali Cisl e Uil. Sei mesi dopo viene in questo modo presentata la Piattaforma Nazionale Unitaria per la messa al bando dell’amianto.

 

1992

Dopo tre anni di sit-in davanti al Parlamento a Roma, manifestazioni con i disoccupati Eternit (sempre con la Camera del Lavoro) e petizioni sostenute dall’AfeVa e dal comitato, viene approvata la Legge 257 che dispone la messa al bando nazionale dell'amianto. La legge è un successo ma non contempla l’istituzione di un Fondo per le Vittime.

 

1993

Al termine di un’istruttoria di otto anni, parte (dopo innumerevoli sollecitazioni e proteste) il primo processo penale nei confronti dei vertici della Eternit Spa di Casale. Il risultato è deludente: pur confermando la colpevolezza degli imputati, in appello le attenuanti generiche riducono le pene al punto che nessuno degli imputati sconterà mai un solo giorno di prigione. E la prescrizione taglierà fuori dal processo le 800 parti lese - lavoratori ammalati e deceduti.

Per fortuna si ottiene un risarcimento del fallimento dell’Eternit di circa 3,6 milioni di euro. Altri 5,5 milioni di euro (tutto l’attivo) saranno distribuiti nel 2010, con la chiusura definitiva della pratica fallimentare.

 

1998

Continua senza sosta la lotta in Casale M. e sul territorio. La nostra associazione conquista e acquisisce il metodo del confronto con le varie Istituzioni - amministrative, sanitarie e ambientali - portando avanti le rivendicazioni inerenti bonifica, sanità, giustizia.

Parte il piano di bonifica territoriale per 48 Comuni del Monferrato Casalese (sito di interesse nazionale), grazie a finanziamenti pubblici pari a oggi a quasi 40 milioni di euro.

A tutt’oggi la bonifica è stata attuata in tutti gli edifici pubblici e nell’ex stabilimento Eternit, abbattuto nel 2006, proprio un secolo dopo la sua costruzione. Nello stesso luogo sorgerà presto un parco pubblico e un lungo processo di riconversione urbanistica cambierà il volto del quartiere. I siti privati bonificati sono oltre il 50%: restano ancora da decontaminare circa 500mila metri quadri di coperture in città. I contributi pubblici sono pari al 50% del costo per la rimozione e sostituzione delle coperture e al 100% del costo per la bonifica dell’amianto friabile diffuso nel territorio.

Se gli Enti Locali e lo Stato sapranno gestire bene quello che ancora resta da bonificare, il casalese fra pochi anni potrà diventare il territorio più pulito dall’amianto d’Italia.

 

2000

La “socializzazione delle vittime” si sviluppa ampiamente e contribuisce decisamente sia alla lotta contro l’amianto che ad aiutare e motivare le vittime ed i famigliari mediante un impegno unificante e condiviso.

Non ci siamo rassegnati dei risultati dei processi civili e penali degli anni scorsi. Abbiamo continuato come AFeVa, con un grande lavoro di volontariato sempre più partecipato, a raccogliere i dati delle nuove vittime (1700 famiglie) e a presentare esposti/denuncie alla procura della Repubblica di ex lavoratori e cittadini ammalati e famigliari.

I nostri obiettivi di giustizia, bonifica e sanità, sono stati lungamente perseguiti negli ultimi anni e anche (in parte) sicuramente raggiunti. Ciò non ci esime dal dover pensare a ciò che c'è ancora di irrisolto. Ecco le prossime sfide per noi che combattiamo l’amianto.

 

Il Fondo Nazionale per le Vittime dell’Amianto

E’ stato costituito recentemente in Italia una specie di Fondo, ma con scarse risorse e, purtroppo, solo per le vittime professionali. E’ giusto rilanciare questo obiettivo prendendo a riferimento l’esempio francese (Fiva). Il Fondo dovrebbe garantire un dignitoso risarcimento per tutte le vittime dell’amianto, sia di origine professionale che di inquinamento ambientale, e deve essere alimentato con una congrua dotazione finanziaria, sia dallo Stato che dalle imprese, con il diritto di rivalsa senza esonero dalle responsabilità penali.

L’Italia lamenta oltre mille infortuni mortali sul lavoro l’anno e circa 3mila decessi per malattie amianto-correlate.

Occorre adottare il massimo rigore e impegno, rafforzando tutti i soggetti deputati ai controlli e operando un vero e proprio rilancio per un’efficace tutela. Teniamo presente che le morti per malattia e cancro professionale sono morti silenti, anche se fra atroci sofferenze, delle quali troppo pochi se ne occupano.

 

Bonifica

Per prevenire le stragi dell’amianto, occorre bandirlo in tutto il mondo e attuare, in ogni paese, una politica nazionale e territoriale per censire la diffusione del rischio, realizzando una rete di centri di smaltimento con servizi pubblici per la raccolta dei rifiuti di amianto e con incentivi finanziari/fiscali.

 

Lotta al mesotelioma

Occorre potenziare e coordinare la ricerca scientifica e il monitoraggio delle varie esperienze e metodi di ricerca per garantire a tutti i pazienti percorsi di cura e protocolli più efficaci e accessibili. A questo scopo, la regione Piemonte e il ministero della Sanità hanno deliberato nel 2007 la costituzione a Casale di un Centro Regionale per la ricerca sull'amianto con, inoltre, competenze: ambientali, di sorveglianza sanitaria e di archivio e registro del contenzioso giudiziario sull'amianto. Tale Centro, in fase di riorganizzazione, si avvale di un Comitato scientifico presieduto dal prof. Benedetto Terracini.

Stiamo lottando, come AfeVa in particolare, per potenziare la ricerca sul mesotelioma, partendo dalla sanità locale, per promuovere nuove progettualità in rapporto con centri universitari ecc. Per questo la sanità pubblica (Provinciale, Regionale e Nazionale) deve recuperare finalmente un ruolo attivo, garantendo sinergie, risorse, coordinamento nazionale e internazionale della ricerca più avanzata.

 

Nuove direttive europee

Reclamiamo un ruolo più attivo della Comunità Europea nella lotta internazionale contro l’amianto - ancora in uso in tre quarti del pianeta - e per il risanamento ambientale nel continente.

Occorrono nuove direttive anche per stimolare l’individuazione delle responsabilità e il risarcimento dei danni. Questo deve essere rilanciato dagli organismi internazionali, anche con la recente petizione internazionale delle nostre associazioni.

Non è ammissibile che si eluda l’accertamento delle responsabilità di società e imprese multinazionali quando il loro operato provochi danni alla salute dei lavoratori, delle popolazioni e all’ambiente. Visto anche l’assetto multinazionale di aziende come Eternit, urge una semplificazione delle normative sulle procedure internazionali relative alle indagini e alle rogatorie, facilitando i meccanismi processuali e risarcitori.

Infine, sempre a livello internazionale, occorre una razionalizzazione ed omogeneizzazione a livello più alto delle varie normative nazionali in materia ambientale, sanitaria, risarcitoria e previdenziale.

La sentenza del processo Eternit ha confermato che gli imputati avevano “pianificato la condotta dolosa”. Si tratta di un esempio micidiale di “criminalità dell’impresa”.

Sapevano di sottoporre a gravissimo rischio intere popolazioni, ma hanno voluto difendere a tutti i costi la continuità dell’uso dell’amianto solo per ragioni di business.

Nei scorsi mesi di dicembre e gennaio, la straordinaria partecipazione a numerose manifestazioni di migliaia di famigliari e di cittadini, con riferimento organizzativo la nostra associazione, hanno determinato il ripensamento del sindaco e dell’Amministrazione comunale di Casale che stavano per concludere il “patto del diavolo” con l’imputato Smidheiny: 18 milioni di euro in cambio del ritiro dal processo in corso e dai futuri procedimenti penali o civili. Anche l’intervento del ministro della Salute Balduzzi ha contribuito a far desistere il sindaco e quindi a evitare una spaccatura con le vittime e con la popolazione e a togliere un’ombra pesantissima sul prosieguo della lotta.

Questo processo è un grande contributo per far emergere la verità su questa strage tanto enorme quanto assurda e su uno sviluppo economico che ha privilegiato il facile profitto senza badare alle gravissime conseguenze sulla salute pubblica e dei lavoratori. Siamo altresì certi che l’indagine della procura di Torino, condotta dal dottor Guariniello e dai suoi collaboratori, sia un enorme ed inedito contributo a questa battaglia internazionale di civiltà.

 

*coordinatore dell’Associazione Famigliari

                      Vittime Amianto di Casale Monferrato (AfeVa)

e del Comitato Vertenza Amianto,

già segretario della Camera del lavoro Cgil

di Casale Monferrato’79-’94