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La realtà delle ultime
elezioni è stata quella dello sgomento, dell’impossibilità di
avere una comune scelta di voto anche in un’area di sinistra
altrimenti convergente. Sarà un fenomeno destinato a ripetersi. Le
elezioni in Italia sono giunte a una discontinuità con il
dopoguerra. La sinistra, per non essere risucchiata in un
meccanismo alienante e debilitante, deve avere la lucidità di
prendere le distanze, anche emotivamente, dalle elezioni
nazionali. Un appuntamento da relativizzare per chi voglia
ricostruire la sinistra. Tanto che, quando vengano a mancare le
condizioni per una presenza forte della sinistra di alternativa,
converrà disporsi a saltare un giro. Sarebbe bene che il processo
di costruzione della coalizione sociale, che è la priorità,
giungesse ad un punto nel quale da quest’ultima venisse
un’indicazione, almeno prevalente, di voto. Ma andrebbero anche
indagate le diverse possibili opzioni. Molte sono le possibilità,
basti pensare a una campagna per l’astensione attiva, oppure al
sostegno a una presenza elettorale autonoma in nome della
costruzione di un soggetto politico, oppure a un voto ‘entrista’
in favore di candidati ‘di movimento’ in partiti altro da te o
altre ancora.
Il punto di discussione che,
credo, non si può più saltare è se è giunto o no il momento, per
una sinistra politica che si voglia ricostruire, di cambiare
radicalmente l’atteggiamento rispetto alle elezioni: la mia
risposta è che sì, e che questa scelta è indispensabile ai fini
dell’impresa stessa di costruire il nuovo soggetto politico.
Ma c’è la possibilità ora di
definire i lineamenti di questo soggetto? So bene quanto lungo e
difficile sia il cammino che ci si dovrebbe proporre. Ma non credo
affatto che sia impossibile. Né che sia impossibile definirne la
base di partenza (l’aggettivo da dare a questa sinistra). Credo si
potrebbe già dire di più, ma comunque basterebbe il montaliano
«ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». L’uno e l’altro
potrebbero già essere detti con chiarezza e credo sarebbero
sufficienti per cominciare con un “noi”. Ma, diranno altri, i
tempi per l’impresa sono tremendi e le devastazioni intervenute
nel nostro campo pure. Del resto non abbiamo certo mancato noi
stessi di dare conto, anche in questa sede. Ma “esiste sempre
un’altra possibilità”.
Per gli amanti di Ken Loach vale
il ricordo dell’insegnamento di Eric Cantona ne Il mio amico Eric.
Per coglierla, l’altra possibilità, bisogna però battere una
strada altrimenti sconosciuta: «Per sorprendere gli altri, bisogna
prima sorprendere se stessi». «Alza il colletto e guarda lontano».
Se poi si è diffidenti nei confronti di messaggi di genere così
profano, conviene allora prenderla alta. In una lettera al
fratello, Antonio Gramsci ci indica una strada oggi proprio per
noi, quelli della sinistra da reinventare, particolarmente
necessaria e utile. Nella lettera al fratello Carlo, Gramsci
racconta della durissima e drammatica esperienza di vita a cui,
per studiare, è stato costretto: «Mi sono trovato in condizioni
terribili», scrive. La lezione che Antonio Gramsci trae
dall’esperienza è un insegnamento di vita e di politica generale:
«Mi sono convinto che, anche quando tutto è o pare perduto,
bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando
dall’inizio». Pare scritto oggi per chi pensi che si debba
ricostruire, in Europa e da noi, un nuovo soggetto politico della
sinistra. |