Fausto Bertinotti - Le elezioni non sono la soluzione. La sinistra è il problema  (breve sintesi)

alternative per il socialismo n. 26 - maggio - giugno 2013
 


 


La realtà delle ultime elezioni è stata quella dello sgomento, dell’impossibilità di avere una comune scelta di voto anche in un’area di sinistra altrimenti convergente. Sarà un fenomeno destinato a ripetersi. Le elezioni in Italia sono giunte a una discontinuità con il dopoguerra. La sinistra, per non essere risucchiata in un meccanismo alienante e debilitante, deve avere la lucidità di prendere le distanze, anche emotivamente, dalle elezioni nazionali. Un appuntamento da relativizzare per chi voglia ricostruire la sinistra. Tanto che, quando vengano a mancare le condizioni per una presenza forte della sinistra di alternativa, converrà disporsi a saltare un giro. Sarebbe bene che il processo di costruzione della coalizione sociale, che è la priorità, giungesse ad un punto nel quale da quest’ultima venisse un’indicazione, almeno prevalente, di voto. Ma andrebbero anche indagate le diverse possibili opzioni. Molte sono le possibilità, basti pensare a una campagna per l’astensione attiva, oppure al sostegno a una presenza elettorale autonoma in nome della costruzione di un soggetto politico, oppure a un voto ‘entrista’ in favore di candidati ‘di movimento’ in partiti altro da te o altre ancora.

Il punto di discussione che, credo, non si può più saltare è se è giunto o no il momento, per una sinistra politica che si voglia ricostruire, di cambiare radicalmente l’atteggiamento rispetto alle elezioni: la mia risposta è che sì, e che questa scelta è indispensabile ai fini dell’impresa stessa di costruire il nuovo soggetto politico.

Ma c’è la possibilità ora di definire i lineamenti di questo soggetto? So bene quanto lungo e difficile sia il cammino che ci si dovrebbe proporre. Ma non credo affatto che sia impossibile. Né che sia impossibile definirne la base di partenza (l’aggettivo da dare a questa sinistra). Credo si potrebbe già dire di più, ma comunque basterebbe il montaliano «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». L’uno e l’altro potrebbero già essere detti con chiarezza e credo sarebbero sufficienti per cominciare con un “noi”. Ma, diranno altri, i tempi per l’impresa sono tremendi e le devastazioni intervenute nel nostro campo pure. Del resto non abbiamo certo mancato noi stessi di dare conto, anche in questa sede. Ma “esiste sempre un’altra possibilità”.

Per gli amanti di Ken Loach vale il ricordo dell’insegnamento di Eric Cantona ne Il mio amico Eric. Per coglierla, l’altra possibilità, bisogna però battere una strada altrimenti sconosciuta: «Per sorprendere gli altri, bisogna prima sorprendere se stessi». «Alza il colletto e guarda lontano». Se poi si è diffidenti nei confronti di messaggi di genere così profano, conviene allora prenderla alta. In una lettera al fratello, Antonio Gramsci ci indica una strada oggi proprio per noi, quelli della sinistra da reinventare, particolarmente necessaria e utile. Nella lettera al fratello Carlo, Gramsci racconta della durissima e drammatica esperienza di vita a cui, per studiare, è stato costretto: «Mi sono trovato in condizioni terribili», scrive. La lezione che Antonio Gramsci trae dall’esperienza è un insegnamento di vita e di politica generale: «Mi sono convinto che, anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio». Pare scritto oggi per chi pensi che si debba ricostruire, in Europa e da noi, un nuovo soggetto politico della sinistra.