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L’ostacolo al processo costituente della sinistra si annida, in
realtà, proprio in certe culture diffuse proprio a sinistra. E’
qui che va prodotta la discontinuità, anche in noi stessi, è qui
che va prodotta la rottura. La più immediata, se non si vogliono
ripetere gli errori fatti nell’esperienza dell’Arcobaleno, è la
necessità di compiere un ribaltamento tra la costruzione del
soggetto politico e la presentazione alle elezioni. Il come
presentarsi alle elezioni è un problema che viene dopo
culturalmente, politicamente e temporalmente la costruzione della
forza politica, o almeno l’avvio e l’avanzamento del suo processo.
Dal primo non nasce il secondo che anzi ne può uscire danneggiato,
se questo non ha preso risolutamente già il comando del campo e
delle operazioni. Questo è il compito di oggi, tutto il resto è
del demonio.
Ma
c’è un ribaltamento altrettanto indispensabile quanto ancor più
difficile e impegnativo. E’ quello tra la costruzione della forza
politica e la costruzione della coalizione sociale. Se non ci
fosse quest’ultima, la prima, anche nella sua forma migliore,
finirebbe per galleggiare sulla società, sulla classe e sulla vita
delle persone, condannandosi a una esiziale separazione tra
politica e conflitto. Deve essere ben chiaro che si tratta, quando
si riflette sulla coalizione sociale, di un problema capitale;
perciò essa ha da essere dotata, per essere vitale, di tutta la
sua autonomia, l’autonomia che tocca al soggetto principale. Tutti
possono mettersi al lavoro, soggetti sociali, politici, culturali
e, persino, economici in una trama di relazioni che stabiliscano
nessi, ponti, connessioni che formino, a loro volta, il tessuto di
un movimento antagonista. La raccolta di firme per il referendum
sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e sull’articolo 8
della legge Sacconi che occuperà l’autunno è un’occasione
importante.
Più in generale si tratta di costruire una nuova potenza
democratica anticapitalistica. E’ il suggerimento forte che nasce
dalla novità che abbiamo chiamato rivolta. Di essa permangono vive
le tracce ed essa può insorgere, in questa Europa, in ogni momento
e ovunque. Il problema della costruzione della coalizione, la
messa in evidenza della natura costituente che alberga
potenzialmente in ogni rivolta che abbiamo conosciuto in questi
anni recenti, è quello di invocare, di favorire, suggerire, la
nascita delle sue proprie istituzioni. Da troppo tempo, dal tempo
dei consigli, non c’è più stata la nascita di istituzioni
democratiche scaturite originalmente dai movimenti del tempo. Non
è accaduto neppure con il movimento altermondista, che pure ha
esplorato uno spazio internazionale e ha avuto esaltanti momenti
di socializzazione, i Social forum.
Ora è venuto il momento di porre la questione all’ordine del
giorno. sia per necessità storica (l’alternativa irrinviabile
all’Europa oligarchica dei mercati e del massacro sociale), sia
per le opportunità maturate nel conflitto e nella società. Il caso
della Fiom non è solo quello di un sindacato, anche se lo è. Il
caso della Val Susa non è solo l’opposizione a un’opera assurda.
Già vivono fabbriche e teatri e case, e altro ancora, occupati e
autogestiti. E le lotte sociali, spesso isolate, si fanno, a
volte, drammatiche e persino disperate. La sinistra o nasce da qui
o non nasce. Lo so che le elezioni in Italia si avvicinano, ma è
una ragione in più per affermare, anche nel loro tempo, la
centralità della questione della coalizione sociale e per
lavorarci prioritariamente. La rinascita, su di essa, della
sinistra deve, a sua volta, sovrastare il problema di come questa
debba essere presente alle elezioni. Almeno per non farsi male.
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